sabato 9 luglio 2011

Randomness 4 - cose a caso su serie tv a caso

Generation Kill
Generation Kill è la serie più figa che ancora non avete visto. In realtà, si tratta di una miniserie in 7 episodi (da un'ora e passa l'uno) andati in onda nel 2008 sulla HBO. Scrivono David Simon e Ed Burns, quelli di The Wire. La storia è tratta dall'omonimo libro di un giornalista di Rolling Stones, che nel 2003 accompagnò un plotone di marines da ricognizione durante i primi giorni dell'invasione americana in Iraq. Potete quindi immaginare temi e ambientazioni: marines muscolosi e cazzutissimi, spari, battaglie, mine che esplodono, scazzi vari. Se ci infili un po' di retorica, con un tema così rischi davvero di far venire fuori una di quelle robe alla Black Hawk Down in cui i soldati son degli eroi coraggiosi e pronti a sacrificar la vita per liberare un paese oppresso dalla dittatura. Niente di tutto questo. Generation Kill abbraccia in pieno quella tecnica di scrittura che io adoro e che sanno usare solo i grandi autori (posso chiamarla tecnica Sorkin?): invece di tentare di raccontare TUTTO, ci si concentra su un tema specifico. E facendo così, di solito, viene fuori anche il resto, ma senza forzature. In questo caso, la narrazione si concentra sul rapporto tra ufficiali di alto grado e soldati da prima linea, con i primi impegnati a dare ordini che mettono a rischio la vita dei secondi, solo per fare carriera (che è un po' il senso della guerra all'Iraq in generale, mettici il petrolio al posto della carriera e travesti tutto da azione umanitaria). E sono state le loro scelte strategiche iniziali a creare la situazione attuale in quell'area: sostanzialmente caos puro (esempio: un gruppo di soldati vorrebbe controllare di notte un quartiere di Baghdad vittima di saccheggi e violenze perché la popolazione glielo chiede esplicitamente, gli ufficiali rispondono sostanzialmente di lasciare che gli iracheni si ammazzino tra di loro). E alla fine, come risulta questa serie? Perfetta. Non c'è retorica, non c'è assoluzione per nessuno (il discorso di un soldato sulla sensazione di indifferenza quando si spara a qualcuno è fantastico), non ci sono vincitori. I soldati sono un gruppo eterogeneo di persone, mosse da motivi differenti che poco hanno a che fare col patriottismo. C'è chi lo fa perché l'alternativa era la prigione o una gang, ci sono quelli a cui piace e basta e c'è chi (in una meravigliosa scena dell'ultimo episodio) è ancora lo stesso bambino preso in giro dai compagni del liceo in cerca di riscatto. Ray Persons, interpretato dal mio nuovo attore preferito, James Ransone, è fighissimo: passi 6 episodi e mezzo a sentirlo parlare a raffica, fare battute, giochi di parole, sempre allerta, fuori di testa. Alla fine, si spegne. E alla domanda “Ehi Ray che ti è successo?”, risponde “Ho finito le anfetamine”. E diventa un altro. Ecco, anche questo tema degli stimolanti che i soldati prendono, è affrontato così, senza parlarne mai direttamente, ma facendo perfettamente capire allo spettatore cosa succede nelle loro teste strafatte. L'angolo del CHI C'E': c'è Alexander Skarsgard, il vampiro più figo in circolazione, che qui è un po' il protagonista.
C'è l'agente infiltrato di The Chicago Code.
Ci sono le classiche milioni di facce già viste.
C'è James Ransone, già l'ho detto? Allora, nota interessante. James ha lavorato anche in The Wire. Cercando info sulla serie ho scoperto che dopo The Wire, è finito sotto con l'eroina e ha giustamente dovuto smettere di lavorare, indebitandosi parecchio con chiunque. Poraccio. Poi David Simon l'ha voluto per forza in Generation Kill e lui ha sfruttato gli 8 mesi di riprese in Mozambico o whatever per disintossicarsi completamente e ridarsi un senso. Bella James, siamo con te.
Covert Affairs
Mi piace considerare alcune serie come laterali. Che in pratica significa che le guardo solo io e per motivi che nemmeno a me son del tutto chiari. Covert Affairs è brutto. Diciamolo. È una stronzata con protagonista una tipa bionda troppo figa per risultare simpatica che addirittura fa la spia e dovremmo credere che è anche cazzutissima e super sveglia. In più i casi della settimana son ridicoli e spero vivamente che la CIA sia messa meglio di così. Nell'ultimo episodio visto, la tipa bionda era alle prese con una spia italiana che poi si rivelava essere in realtà un giornalista che aveva scoperto una grande truffa perpetuata dalla nostrana azienda elettrica (l'Enel? L'Eni? Sorgenia? No perché col mercato libero ora è un casino) e che per questo rischiava la vita, dipingendo la situazione italiana con le stesse parole che io userei per descrivere la Corea del Nord. Ora, ecco, credo davvero che siamo in una situazione politica di merda, ma gli americani ci vedono così? Terzo mondo sotto dittatura? E poi un'altra cosa, basta con questi attori palesemente americani (questo era spagnolo però e si vedeva lontano un chilometro) che si spacciano per italiani. Ci sono sempre in questi episodi (c'è n'è uno nella prima stagione di Happy Endings che ne è un fantastico esempio) personaggi che dovrebbero essere italiani sulla carta e poi appena mollano l'inglese ci propinano un'improbabile lingua che sembra più... l'esperanto? Me lo ricordo solo io l'esperanto? Esisterà ancora? Comunque, io chiedo una cosa. Se infilate personaggi non americani, per favore, controllate che sappiano realmente parlare l'altra lingua. Perché sentire uno spacciato per italiano dire “Mmmhhh, questo caffè... è davvero MOLTTTO BBBENE!” è qualcosa che fa male al cuore. Vabbè detto questo, a me Covert Affairs non dispiace mica. Però non guardatelo, davvero.
The Bic C, United States of Tara, Weeds
  
Ci sono alcune serie che io guardo come sottofondo mentre faccio altre duecentosessantasette cose e tutte inutili, tipo scrivere post tristi su Facebook o guardare video dei Ministri su YouTube. Comunque, queste serie subiscono la mia personale ingiustizia più che altro perché durano poco e son sempre abbastanza ripetitive. Diciamolo: in tre stagioni di Tara, è successo davvero qualcosa? Toni Collette era brava e insieme insopportabile all'inizio e lo è stata fino alla fine, senza colpo ferire. Stessa cosa vale per The Big C, che vorrebbe essere la cronaca irriverente delle fasi di una malattia ma mette in scena solo personaggi cretini e abbastanza dimenticabili, il cui unico scopo è fare sempre la cosa peggiore al momento peggiore. Weeds è un discorso diverso. Partita da dio, è diventata una delle mie serie preferite ever per poi morire lentamente di morte propria. Perché la guardo ancora? Boh, forse perché Mary Louise Parker è fighissima e vorremmo tutte essere come lei.
Falling Skies
Eccoci qui, al capitolo “vermone gigante rulez!”. Falling Skies appartiene al genere truffa. Lancerò presto una petizione affinché nelle pubblicità di qualsiasi prodotto filmico in generale non vengano mai più utilizzate espressioni come “dallo stesso produttore di...” e di solito è lo stesso produttore di un'altra roba venuta meglio. Qui, si sfrutta il nome di Spielberg, che probabilmente gli avranno detto “ci dai dei soldi per fare una cosa con gli alieni?” e lui ha detto sì perché è Spielberg e se gli dici alieni non capisce più niente e firma in bianco. Falling Skies è la Guerra dei Mondi misto a The Walking Dead. Se consideriamo che li ho odiati entrambi sarà facile capire cosa ne penso di questo polpettone banale con gli alieni bavosi. Comunque continuo a guardarlo perché c'è il dottor Carter. Insomma, è estate, ci si aggrappa a qualsiasi cosa.
Single Ladies
Single Ladies è la peggio merda! Un'ora e venti di pilot delirante sulle vicende assurde di tre cougar di Atlanta e la loro presunta difficile vita da single. Queste tre tizie sono un insulto ambulante all'emancipazione femminile, laddove emancipazione femminile significa "mi vesto da zoccola e tratto male i ragazzi" (io capisco essere sempre in tiro anche quando si scende a fare la spesa, Sex and the city insegna, ma infilarsi delle canottiere di tre taglie in meno e spacciarle per vestiti mi sembra un filo esagerato). Andiamo con ordine:
Cougar n. 1: fidanzata da anni con un giocatore di qualcosa (e quindi considerato un figo) si incazza come una iena durante un aperitivo con gli amici perché lui non vuole sposarla. Ok, non vuole sposarti, e allora? Direi io, ma io son fatta male lo so. Però, scusate eh ma son figlia della mia generazione di spiantati, se stai con uno da 5 anni, vivete insieme, lavorate, siete fighi, pieni di soldi... ma perché devi piantare su una pantomima durante un party perché vuoi la cerimonia e l'abito bianco? Ma stattene che son tempi difficili. No. Niente, si lasciano. Ovviamente tempo due giorni lui si fidanza davvero con un'altra e le dice che non l'amava. Lei va in crisi e praticamente violenta un tizio (questo sì fighissimo davvero) nel camerino della sua boutique. Ah sì, ha una boutique di abiti che disegna lei. Ma vaffanculo.
Cougar n. 2: questa invece è la Samantha dei poveri. Non vuole una storia, niente relazioni complicate, lei è una con le palle... all'incirca al minuto 5 è già sottissimo a un tipo che la tratta malissimo e che le da gli ordini. Come a dire, le donne davvero emancipate non esistono. Quelle che provano a esserlo hanno soltanto bisogno di un maschio bastardo che le tenga a bada.
Cougar n. 3: tizia bionda vestita sempre come io probabilmente mi concerei solo al carnevale di Rio è sposata col classico deficiente che la adora e ha anche una tresca con... wait for it... il sindaco! Che non è un vecchio con la pancia come tutti i sindaci ma un 30enne alto due metri col fisico da atleta. Eh son problemi.
Ora, una cosa buona questo pilot ce l'ha: dopo un inizio noioso e un filo irritante, tutto verte talmente tanto sull'assurdo che o gli autori son dei geni del trash oppure i veri autori se ne sono andati lasciando in mano la baracca a delle scimmie ammaestrate. Sai che c'è? Quasi quasi lo continuo.

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